Da sempre seguiamo le aziende più importanti del territorio e amministrando per loro il personale, conosciamo meglio di chiunque altro le dinamiche del mercato del lavoro di queste realtà. Intrecciamo ottimi rapporti con gli imprenditori clienti e non, con le amministrazioni comunali locali, con le Organizzazioni sindacali e datoriali e, rivestendo ruoli di rappresentanza, abbiamo la fortuna di conoscere anche tanti funzionari pubblici ad ogni livello: Provincia, Regione e Ministero. Grazie a queste condizioni, abbiamo potuto elaborare i bisogni del distretto, ipotizzarne le soluzioni, trovare i compagni di avventura, cercare i fondi, prendere per mano tutti e fare nascere questo importante progetto de “Il Distretto della Felicità”.
La quarta edizione del ‘Premio Innovatori responsabili’, realizzato dalla Regione Emilia-Romagna, ha premiato il Distretto della Felicità al 1° posto!
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Tutto iniziò nel 2014
Ciò che ad oggi è denominato “Il Distretto della Felicità”, è un progetto che coinvolge il distretto calzaturiero di San Mauro Pascoli o Basso Rubicone nei comuni di San Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone e Gatteo e affonda le sue origini nel 2014.
Il progetto nasce per rispondere ad una chiara criticità: la perdita di appeal delle nuove generazioni e delle donne al lavoro nelle imprese calzaturiere.
Un distretto quindi destinato a vedere sempre più l’introduzione di manodopera straniera e soprattutto chiuso al mercato femminile. Un distretto all’avanguardia nei prodotti, nel marketing e nel business con una produzione costantemente in crescita su tutti i mercati internazionali, che però non ha saputo accompagnare politiche industriali innovative e che ancora oggi seguono gli stessi modelli delle prime fabbriche nei primi anni Settanta.
Questa fossilizzazione ha fatto sì che il mondo calzaturiero non risultasse più attrattivo per lavoratori, che vedono nella conciliazione dei tempi di vita e lavoro un plus importante o necessario per la propria occupabilità.
La crescente mancanza di manodopera femminile ha portato ad un depauperamento di funzioni tipiche quali la cucitura e la finitura delle calzature. In parte queste lavorazioni sono state delocalizzate ma la qualità non risponde allo standard del distretto e vi è la reale necessità di riformare un tessuto di lavoro femminile locale.
Il trasferimento della conoscenza
La mancanza di gioventù locale fa nascere un problema di trasferimento della conoscenza.
Quando nacquero i primi calzaturifici, il know how veniva trasmesso di generazione in generazione, di padre in figlio, rendendo possibile lo sviluppo di una conoscenza e preparazione tecnica, che ha portato alcuni marchi a diventare ambasciatori a livello mondiale delle calzature eleganti femminili grazie ad una qualità del prodotto non riscontrabile in altri distretti grazie alla cultura del saper fare delle proprie maestranze.
In prima battuta a tali assenze si è risposto con l’assunzione di lavoratori stranieri, prettamente provenienti dai Paesi africani e dalle zone balcaniche. Ciò ha fatto in modo che le comunità africane e balcaniche si inserissero perfettamente nella comunità, non registrando episodi di esclusione dalla vita dei paesi, ma tale supplenza è una soluzione di breve prospettiva e non garantisce il tramandarsi delle competenze nel lungo periodo.
Negli anni si è verificato infatti che i lavoratori stranieri, concluso il ciclo lavorativo, preferiscano tornare nei loro Paesi di origine, interrompendo di fatto la trasmissione del know how, e conseguentemente della qualità del “sapere fare” che ha sempre contraddistinto il distretto.
Ma perché si era perso appeal verso donne e giovani?
Da un’analisi approfondita è emerso, che queste due categorie, indirizzano la loro scelta lavorativa verso impieghi disparati. Per anni vi è stato un aumento esponenziale dell’occupazione femminile nel settore avicolo, piuttosto che nella grande distribuzione o nei servizi.
Inizialmente risultava paradossale come questi lavoratori potessero preferire il lavoro presso aziende avicole ( macelli di lavorazione di polli e tacchini) che implicano un grande sforzo fisico, così come risultava di difficile comprensione come si potesse preferire l’impiego nella grande distribuzione in mansioni come la cassiera che per la sua ripetitività risulta spesso alienante.
L’analisi è risultata facile:
Tra le due tipologie di impiego esiste un minimo comune denominatore: l’orario di lavoro. Da un lato le aziende avicole concentrano il lavoro nella prima fascia della giornata ( dalle 7 alle 13), dall’altro la grande distribuzione organizzata è caratterizzata da contratti di lavoro part – time ( 24 ore settimanali con autodeterminazione dell’orario) molto flessibili.
Il rigido assetto organizzativo alla base del settore calzaturiero è stato ciò che ha dissuaso l’occupazione di queste categorie di lavoratori. Ancora oggi l’orario è organizzato su due turni: dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18.
Questo assetto organizzativo non riesce a conciliare i tempi di vita e di lavoro delle famiglie, che hanno la presenza di bambini, ragazzi, anziani e disabili e dei giovani, per i quali la disponibilità di tempo per attività ricreative, è oggi un parametro importantissimo nella scelta del lavoro.
Il progetto nella sua complessità mira quindi a creare nuove condizioni di attrattività del comparto attraverso un percorso che veda nel suo insieme lo sviluppo di una serie di condizioni di lavoro e di vita:
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- Modifica degli orari di lavoro
- Coinvolgimento dell’amministrazione comunale
- Coinvolgimento delle strutture private di servizio alle famiglie
- Ricerca di finanziamenti pubblici e di organizzazioni
- Coinvolgimento delle parti sociali
AD OGGI COSA E’ STATO FATTO
Le aziende hanno modificato i propri orari di lavoro
Ad oggi sono una decina le aziende che sono partite con una revisione dei loro orari di lavoro in funzione di una conciliazione dei tempi di vita e lavoro. I lavoratori interessati sono circa 1000.
L’Amministrazione Comunale ha variato gli orari dei servizi
Sono stati modificati gli orari scolastici delle scuole elementari che hanno visto ridurre gli orari dal lunedì al venerdì aumentando i rientri pomeridiani. Sono stati modificati gli orari di servizio dei medici di base sviluppando una presenza al pubblico che fosse in linea con i nuovi orari proposti dalle aziende. Questi interventi mirano a contemperare le esigenze dei lavoratori in funzione dei nuovi orari programmati dalle aziende.
COSA RIMANE DA FARE
Aumentare il numero delle aziende coinvolte
Aumentare il numero delle aziende che adottano un orario con pausa ridotta per permettere un termine anticipato dell’uscita dal lavoro : orari dalle 8 alle 16,30 con mezz’ora di pausa.
Coinvolgimento degli stakeholder territoriali
che offrono servizi di welfare e valutare un loro coinvolgimento per asili privati, dopo scuola, ASP e assistenza agli anziani, cooperative sociali per l’inserimento dei disabili, società sportive
Aprire un confronto con le aziende e le OOSS
per la creazione di un sistema di welfare aziendale nella contrattazione di secondo livello che possa prevedere, la modifica degli orari di lavoro, l’Introduzione di regole flessibili negli orari di lavoro e l’introduzione dei finanziamenti anche parziale di servizi di welfare (mensa interaziendale, servizi per l’infanzia, servizi per i familiari disabili, servizi per gli anziani)
Liberare il tempo è il primo passo verso la felicità.
Il mio sogno (Luca Piscaglia)
Oggi nel nostro distretto una donna non riesce a vivere bene il dualismo famiglia lavoro. La giornata è frenetica. Si sveglia di buon ora. Alle 7,30 esce di casa con il figlio che lascia a scuola e poi corre al lavoro per le 8. Alle 12 esce dal lavoro e corre a scuola a prendere il figlio. Poi a casa a preparare il pranzo, mangiare, lavare i piatti rassettare la cucina, portare il figlio da qualcuno che lo tenga a pomeriggio e alle 14 è già al lavoro. Alle 18 esce dal lavoro e poi di corsa a fare la spesa. Meglio in un grande ipermercato perché così trova tutto a portata di mano. Alle 19 è a casa prepara la cena, mangia, rassetta la cucina e la casa, magari lava e stira ed è già ora di andare a letto.
In questo contesto la vita private diventa molto difficile, per tale ragione stiamo lavorando per idealizzare una giornata diversa:
Alle 7,30 porta suo figlio a scuola e lo va a prendere alle 16,45 finito il lavoro, al campo di calcio che ha appena finito il suo allenamento. Nel frattempo lei ha lavorato, ha mangiato nella mensa interaziendale assieme al marito perché è ammesso coinvolgere anche i familiari alla mensa interaziendale. La mensa è gestita da una cooperativa di ragazzi disabili che trovano in questa attività la loro occupazione.
Il figlio nel frattempo è andato a scuola, dove ha anche mangiato grazie al progetto di rientro adottato dall’amministrazione comunale. Finito il pranzo, grazie ai servizi privati di dopo-scuola che hanno aiutato il ragazzo a studiare e fare i compiti, è stato accompagnato a scuola calcio/pallavolo. Sua madre lo troverà li a fare sport.
Ma oltre alla madre anche il giovane ha una visione diversa della sua vita perché alle 16,30 può cominciare la vita extra lavorativa dove il tempo libero, ha la dimensione che permette ogni interesse: da noi in Romagna anche di andare al mare tutti i giorni nel periodo estivo.
Non sono sogni, sono buone prassi che stanno prendendo forma un po’ alla volta per cambiare una organizzazione del lavoro che ha fatto la fortuna di questo distretto ma che oggi si deve adeguare ai tempi che sono cambiati.
Nella mia strada sono stato fortunato a trovare in primis un sindaco attendo che ha messo la sua autorevolezza e la sua lungimiranza ad un progetto che all’inizio sembrava una follia.
Aziende evolute che sono sempre pronte a rinnovarsi dinnanzi ad ogni nuova sfida.
Italia Lavoro nella persona di Antonella Marsala e dei suoi consulenti fra tutti Luciano Pero che mi hanno preso per mano all’inizio del progetto.
Organizzazioni Sindacali e Associazioni Datorili che se anche un po’ riottosi all’inizio oggi stanno sostenendo l’iniziativa anche se non ne hanno la paternità.
Tanta strada è da fare, ma il più è fatto e questo me ne sono reso conto quando un mese fa un imprenditore che già ha modificato i suoi orari di lavoro, mi ha detto che con questa iniziativa gli ho cambiato la vita. E mi ha ringraziato.
Perché lo faccio?
Me lo hanno chiesto in tanti.
Tutta questa attività la svolgo per puro volontariato. Non ho interessi economici che sottendono questa iniziativa.
Mio padre agli inizi degli anni 50’ ha preso sotto braccio le aziende del territorio e le ha aiutate a fare i primi passi. Poi sono diventate grandi e con esse tutto il distretto è cresciuto e il benessere ha coinvolto tutti noi.
Oggi questo percorso ha bisogno di un “tagliando” nel modo di organizzare tutto il lavoro.
Io sto solo cercando di essere un bravo meccanico che cerca di oliare meccanismi un po’ arrugginiti.
Questo distretto ha dato tanto a tutti quelli che ci hanno lavorato: la mia famiglia come tante altre famiglie ha potuto beneficiare di questo grande sviluppo.
Oggi penso che ognuno di noi debba restituire qualcosa a questo distretto di tutto quello che ha ricevuto. Lo faccio quindi solo per riconoscenza verso il distretto intero mettendo a disposizione oltre 30 anni di esperienza nel mondo del lavoro.
Se oltre ad avvicinare i giovani al distretto sarò anche riuscito a regalare un po’ di felicità a qualche famiglia … sarò ancora più contento.